Il costante aumento della popolazione mondiale raggiungerà la quota di 9 miliardi di persone nel 2050.

Più persone, più richiesta di cibo. Ma mentre il numero di abitanti accresce, anche quello degli animali negli allevamenti intensivi arriva a cifre sempre più alte: oggi vengono allevati circa 70 miliardi di animali a scopo alimentare. La difficile missione da affrontare è quella di trovare alternative che limitino o escludano il consumo di carne. Questo obiettivo deve realizzarsi il prima possibile sia per motivi ambientali e sostenibili, sia per motivi meramente logici: se gli animali allevati continueranno ad aumentare, arriverà presto il giorno in cui saremo noi a rinunciare al cibo per poter nutrire loro.

Una soluzione che nel mondo occidentale viene difficilmente contemplata è quella dell’entomofagia, ovvero il consumo di insetti. Difficile da credere, ma 110 paesi nel mondo si alimentano quotidianamente con insetti e vengono stimate almeno 2 miliardi di persone entomofaghe in tutto il mondo. Esistono 2040 insetti edibili, per lo più in paesi tropicali, e gli esemplari più consumati sono scarafaggi, bruchi, locuste, formiche, api, vespe. Popolazioni Asiatiche, Africane e dell’America Latina consumano insetti regolarmente: in Africa centrale e meridionale la vendita di bruchi ha superato di gran lunga quella del manzo! Ma noi occidentali, inorriditi da questo cibo, abbiamo buoni motivi per cambiare idea e iniziare a mangiare insetti? La risposta è assolutamente si.

In primis, gli insetti presentano una composizione nutrizionale eccellente: sono costituiti da acqua, 50-70% di proteine tra cui numerosi amminoacidi essenziali, 10-50% di lipidi ‘buoni’ come acidi grassi polinsaturi e monoinsaturi, vitamine, sali minerali, calcio, ferro, zinco. Qualche coraggioso potrebbe pensare ‘ok, ma quanti insetti dovrei mangiare per un buon apporto?’ In realtà solo 100g di bruco costituiscono già il 76% della RDA (dose giornaliera raccomandata) di proteine, mentre tre pupe di baco da seta sono equivalenti ad un uovo. 

Interessanti casi di studio hanno dimostrato che è possibile modulare la composizione corporea e quindi i valori nutrizionali degli insetti grazie alla scelta del substrato di crescita (nutrimento): pertanto, allevandoli con nutrienti a nostro piacimento, potremmo scegliere noi le caratteristiche nutrizionali da conferirgli. NUTRIFISH, ad esempio, è un caso di studio nel quale il dittero H. illucens è stato allevato su un substrato ricavato a partire da scarti di torrefazione del caffè: questo significa che gli insetti non si nutrono del nostro stesso cibo, non entrano in competizione con noi per l’approvvigionamento e possono essere persino nutriti a partire da biomasse e prodotti di scarto alimentare.

E’ proprio sulla sostenibilità di questa nuova forma di allevamento che bisogna informarsi. Gli insetti di fatto comportano poche produzioni di gas serra e ammoniaca rispetto alle altre specie allevate; gli unici esemplari che producono piccole quantità di metano sono scarafaggi, termiti e scarabei, a causa di simbiosi con alcuni batteri. Gli insetti inoltre non utilizzano il suolo (non calpestano o occupano grandi aree di terreno; alcune specie potrebbero essere allevate in acqua) e soprattutto il consumo idrico è ridotto significativamente perché gli insetti non bevono acqua: un allevamento di insetti richiede solo un quarto dell’acqua utilizzata negli attuali allevamenti di animali. 

Infine, è importante sottolineare anche diversi aspetti economici e sociali. Gli allevamenti di insetti sono low-tech, ottenuti utilizzando materiali naturali e basse tecnologie, con processi rispettosi degli equilibri ambientali preesistenti. Questo permette non solo uno sviluppo sostenibile e amico della natura, ma anche una possibilità economica concreta per tutti quei paesi in via di sviluppo e del terzo mondo, che accolgono i settori economici e sociali più svantaggiati. Gli insetti possono rivelarsi motivo di riscatto e miglioramento sociale per molte realtà nel mondo, perché costruire allevamenti a loro destinati non ha costi economici elevati.